giovedì 21 febbraio 2013

Tra febbre, insonnia e realtà




L'influenza, l'insonnia, e quelle notti che sembrano infinite. Vorrei tornare a viverle con i miei amici, piuttosto che a letto. Sembra che dormi per dieci ore ma ti svegli e sono ancora le due. Poi ti riaddormenti, passa un'altra infinità di tempo, ti risvegli e sono le 3.30.
Proprio per questo non so dire con precisione se il pensiero che mi è passato in mente la scorsa notte sia frutto di un sogno o di un ragionamento poco lucido, mentre sudavo nel letto a causa della temperatura che saliva costante. 
Pensavo, manco a  dirlo, a Carmelo.  Non faccio retorica, ma sono fermamente convinto che quello che è avvenuto lo scorso week end mi abbia trascinato addosso la febbre più di qualsiasi colpo di freddo. Insomma, ha abolito le mie difese immunitarie. Ma del resto l'ho già scritto: troppe emozioni forti. Capita che collassi e non ce la fai più.
Tornando al sogno (o ragionamento, come preferite), è tutto molto strano. Ed è strano anche che sia ancora qui, nella mia mente. Forse è giusto scriverlo, scusandomi innanzitutto per il mio essere ripetitivo.
Pensavo alla nostra vita come ad una partita. La vita media di un essere umano si avvicina ai novant'anni, anche se purtroppo a volte si ferma sfacciatamente prima. Novanta sono anche i minuti di un incontro di calcio. Facciamo così - mi sono detto. Un anno, un minuto. Da giocare con la solita intensità di chi vuole portare a casa il risultato. Niente intervalli, niente tempo di recupero, a meno che qualcuno lassù non alzi il tabellone luminoso. 
L'obiettvo è quello di fare gol, come al solito. In che modo? Beh, ognuno di noi ha la sua maniera di fare gol, a seconda dei traguardi che si propone. Bisogna lottare, insomma. Lottare, lottare, lottare. 
E' qui, in questo preciso istante, che mi è venuto in mente Carmelo. Il suo viso, la sua faccia, il suo modo di camminare, di correre e di porsi. 
Aveva appena giocato trentasette minuti, lui, ma quanti gol aveva già fatto. Esordio in serie A da giovanissimo nel Napoli con la maglia numero 10 di Maradona. Una vita per la sua squadra, il Benevento, che era riuscito anche ad allenare con successo. Due figli, tanta umanità, tanti amici. Una famiglia ed un popolo che gli sono stati accanto fino all'ultimo istante  stringendosi attorno a lui solo come si fa con i grandi uomini.
E voi sapete cos'è un contropiede? Un contropiede è l'azione più beffarda che esista nel calcio. Stai attaccando nella metà campo avversaria, sbagli un passaggio e l'altra squadra ti prende alla sprovvista, approfitta del fatto che sei sbilanciato ed in velocità si lancia verso la tua porta. 
E' una situazione che solitamente si verifica quando cerchi a tutti i costi di fare gol e ti proietti totalmente in zona offensiva. E' questo il punto. Lui al trentasettesimo era lì ad attaccare, nonostante fosse in vantaggio quattro a zero. Poi qualcuno ha rubato palla sulla tre quarti difensiva e con tre passaggi è andato a fargli gol. Un gol pesante, che non cancellerà mai quanto di buono il Capitano ha prodotto in una vita breve ma intensa come poche. Da allenatore, lui, non avrebbe mai tollerato di prender gol così. Da suo grande tifoso sto ancora aspettando che il guardalinee sbandieri un fuorigioco e l'arbitro annulli tutto. Niente da fare. Purtroppo, tutto regolare.

La foto è di qualche tempo fa...

Francio

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