sabato 27 luglio 2013

Un longobardo a Nocera Umbra


E' passato già tanto tempo da quella settimana di solitudine.
Era il mese di luglio dell'estate 2010, una delle meno difficili della mia interminabile giovinezza. Già, perchè a tre anni di distanza non ne voglio proprio sapere di diventare adulto, quindi mi diletto a tirare qualche ricordo fuori dal cilindro.
Oggi, aprendo il giornale, ho letto dell'exploit dell'Associazione Benevento Longobarda che dall'anno scorso si è caricata sulle spalle il peso di ravvivare la scarna estate sannita.
"Invitati a Nocera Umbra per insegnare ed illustrare l'importanza della scrittura longobarda", si legge sull'articolo di Ottopagine che ne commenta le gesta.

Tra di loro c'è anche un'amica di questo blog, Antonella, che non ha pensato per niente di avvisarci della sua partenza facendo qualcosa in piena coerenza con la sua personalità: zero proclami, tante azioni. Nella maggior parte dei casi buone, perchè è folle, pazza, ma buona come il pane.

Antonella è lì, in quello che nell'estate 2010 definii il "paese fantasma". Due supermercati, quattro bar, tre alberghetti e forse un B&B. Un paese nemico della connessione ad internet.
Ah sì, c'è anche un campo da calcio niente male ma che con il primo acquazzone diventa fanghiglia, oltre all'appuntamento annuale con un Palio ben diverso da quello di Siena. Un palio strano che attira nei primi di agosto un bel po' di gente, di vino e di competizione. Si scannano per una coppa manco se si stessero giocando un campionato mondiale di calcio. Ma sono felici, e questo è ciò che conta maggiormente. Per loro e per chi li osserva.

Nel millenovecentonovantasette il paesello - stilisticamente bellissimo, va detto - fu martoriato dal sisma che colpì l'Umbria e le Marche. Una brutta batosta per chiunque. Un duro colpo alla storia e alla tradizione oltre che ai ricordi dei più anziani. Spiegazioni difficili da trovare, testimoniate dalle crepe presenti sui palazzi. Con i nomi non ho mai avuto una certa dimistichezza, ma il proprietario dell'Hotel Flaminio risultò essere fin da subito una bravissima persona. Ero lì per seguire il Benevento, per la prima volta da giornalista. E poi lo sanno tutti ormai, il ritiro estivo mi ha sempre affascinato. Peccato che quest'anno sia saltato tutto, ma mi rifarò nelle prossime stagioni. Ora è tempo di soffrire, un giorno sarà periodo di raccolta.

Quell'esperienza mi catapultò per un attimo nel mondo dei grandi. Ero l'unico reporter al seguito e braccai la squadra per cinque giorni davvero intensi. Scrissi un diario, documentai tutto con filmati e fotografie.
Non dormivo. Scrivevo.
E facevo quello che sognavo fin da bambino, in totale relax e spensieratezza. Vissi una delle settimane più belle in assoluto, accarezzato dal vento umbro e dalla storia che si respirava lassù, tra un'aiuola ed un mattoncino medievale. Ricordo che la mia stanza affacciava su un bar. E che il bar aveva un jukebox. Canzone preferita dagli abitanti del posto: Alejandro, di Lady Gaga. Un supplizio. Alle 8, quando il bar apriva i battenti, mi svegliavo con quella musica. La riproponevano ininterrottamente tutto il giorno alternata a volte con il sempreverde Zucchero. E lì si viaggiava con la fantasia, perchè le colline all'orizzonte erano proprio quelle che descrive nelle sue canzoni.

Immagini varie nella mia mente. Ma vi rendete conto di cosa possa fare un banale  articolo?
A volte non so dirlo nemmeno io. Ci sono giorni in cui odio il mio lavoro e giorni in cui non potrei proprio farne a meno. Questo sabato appartiene alla seconda categoria, e me lo godo tutto. Fino all'ultimo attimo.

Frà

domenica 21 luglio 2013

Un anno in un giorno... (meno tre!)

Scrivere è l'unica cosa che conta.
Non so perché, ma la mente mi fotografa un'immagine. E' quella di un bimbo che tira con la manina la gonna della mamma per chiederle di comprargli le caramelle. Siamo a quei livelli lì. Datemi una tastiera, e io vi cambierò il mondo. E a quel punto sarà un po' come avere tra le mie grinfie quel pacco di caramelle. Un po' come passeggiare al centro di una strada deserta con la sola compagnia della "dea ispirazione". In piena asocialità. Io, la strada deserta e l'ispirazione. Visione fantastica per chiunque ama immaginare e buttare giù qualche rigo con passione.

Ma in realtà l'astrazione stavolta l'abbandono per una giusta causa. E quella giusta causa è l'esame di Filosofia Politica, sostenuto esattamente un anno dopo quello di Storia dell'Arte. Trecentossessantacinque giorni senza dare un esame; un record vero e proprio che ha seriamente rischiato di protrarsi.
Perchè riprendere a scalare la montagna dopo essersi fermati bruscamente non è mai facile. Ci vuole una forza diversa da quella comune e forse non basta la forza di un solo uomo. Ci vuole il sostegno della gente, roba tipo i cori da stadio, gli incitamenti, gli striscioni. E su quella salita che sto ancora percorrendo di striscioni ne ho trovati tanti. Mi dicevano di non mollare, di cambiare rapporto e di avvicinarmi al traguardo. C'era e c'è scritto tuttora che lassù magari non c'è una bella veduta ma c'è qualcosa simile alla soddisfazione. Alla felicità. E in fondo viviamo anche di questo, no? Di traguardi da tagliare e sorrisi da mettere in mostra.

Sulla mia strada vecchi e nuovi amici, ma anche un pedone come tanti. Il signor Italo, disgraziatamente investito ai primi di maggio con una manovra maldestra nello stesso giorno in cui la sempreverde Simona mi aveva prestato i suoi appunti per l'esame. Eleonora e company lo definirebbero un segno del destino. E stavolta, vi dirò, voglio crederci. Perché Italo si alza, ci guarda e decide -  dopo una decina di minuti  - di lasciare tutto come sta. Dice che non si è fatto niente e che non c'è bisogno dell'ospedale. Non finirò mai di ringraziarlo nonostante si fosse buttato al centro della corsia così, senza leggere ne' scrivere.

Simona ed Eleonora, dicevo, ma ci sono stati anche Gildo, Ivan e tanti altri in questo tortuoso avvicinamento all'esame. Un esame che non va festeggiato, lo preciso, perché ho fatto solo quello che avrei dovuto fare un anno fa, ma che pone lo striscione del traguardo un tantino più vicino mentre io resto in sella. Accanto ai soliti sorrisi contagiosi e alla voglia di non pensare a niente. Ora è tutta una questione di nervi.

Amici, un giorno non troppo lontano vi porterò sul podio. E ci terremo tutti per mano...

FRANCIO

lunedì 1 luglio 2013

Fuori dal tempo






4 Marzo (1943).

Osservi le sue movenze e parte in sottofondo. La voce di un giovane Dalla, il suono del violino e l'immagine di un passato in bianco e nero dal quale sembra venuta fuori. Perchè lei, ne sono certo, arriva proprio da lì. Ha l'aria di essere uscita da un film di Fellini, quelli degli anni Sessanta. Il suo modo di porsi è aldilà di ogni logica e concezione.
E' fuori dal tempo.
Porta una gonna che poche indosserebbero ma che abbinata ad un sorriso perfetto, candido e sincero, la rende un capolavoro. Quel sorriso non lo dimentichi facilmente. Può distruggerti il cuore e rimetterlo a posto in venti miseri secondi. Prima ti affossa, poi ti porta sulla luna. Il biglietto è di andata e ritorno, purtroppo, perchè lei è fatta così.  Mette allegria anche ad un cimitero.
Ha uno stereo che sembra un giradischi e al dito un anello rosso che pare un fiocco ma è in realtà uno zircone. Un diamante dal valore inestimabile.
Gli occhi di perla trasmettono dolcezza ed ispirano riflessioni lunghe mesi, magari anni. Sono certo di aver visto la sua sagoma su un palazzo di Madrid ma anche nella metro di Valencia. In realtà, ma questa è pura follia, mi sorge il dubbio che non l'avessi già sognata prima ancora di conoscerla.
Rientra tutto nella logica illogica di un rapporto mai definito che diviene infinito. Perchè con una così non finisci mai nè di stupirti nè di sentirti migliore. E' una di quelle che esistono, vivono, e per fortuna ti vogliono anche un bene immenso.
Quando sono giù di morale, faccio a cazzotti con la vita e non capisco più niente di ciò che mi gira intorno, corro da lei.

Indosso gli occhiali, macino chilometri, piango, rido, impazzisco,
ma poi le tendo la mano, lei mi tende la sua e usciamo insieme un po' fuori.
Fuori dal tempo. 

Frà