venerdì 15 febbraio 2013

Il contropiede della vita




Quando squilla il telefono alle luci dell'alba e sul display appare il numero di Antonio, il segnale non è mai positivo.
Negli ultimi tre anni è successo diverse volte. E' accaduto anche stavolta e spero non accada più perchè ne ho sinceramente le scatole piene. Ho sempre odiato i "coccodrilli" perchè li ritengo inutili ma in qualche modo devo sfogarmi in questa strana mattina di febbraio che fa seguito ad un San Valentino vuoto di spunti, di riflessioni sane e soprattutto positive.

Per chi non lo sapesse, il "coccodrillo", in gergo, è l'articolo che si butta giù dopo la morte di una persona con lo scopo di celebrarne le gesta e ricordare quanto di buono fatto in vita. Non tutti conoscevano ed hanno avuto il piacere di parlare con Carmelo Imbriani almeno una volta ma vi assicuro che non servivano le parole. Quello che aveva da dire lo esprimeva con lo sguardo. Specchio fedele di un'anima saggia e combattiva.

Non sto qui a celebrarlo perchè i fatti parlano da soli. Capitano della mia squadra del cuore, simbolo sportivo della mia città. Allenatore promettente, prima che la malattia lo colpisse e lo mandasse in trasferta prima a Perugia a combattere da leone, poi in paradiso. A troppi chilometri di distanza.

In piena coerenza con quello che è lo spirito di Camera con Vista, preferisco parlare di cosa mi hanno insegnato lui ed il suo dramma. E non è poco. 
Carmelo ha visto iniziare il suo calvario nell'agosto scorso a causa di una malattia rara definita "linfoma di Hodgkin" che da perfetto ignorante mi sono anche permesso di cercare su Wikipedia. E' qualcosa di brutale, di veramente terribile. Ed è meglio non entrare nel merito.

L'ultima volta che l'ho sentito al telefono per un'intervista era il 26 luglio e la sua voce preoccupava abbastanza da allarmarsi. Colpa di una bronchite, dicevano. Ma poche ore dopo avrebbe lasciato il ritiro aprendo il campo a diverse ipotesi che purtroppo si sono realizzate. Ai primi di agosto sapevo già tutto. Sapevo che non era una cosa semplice, da quattro spiccioli. E la mia reazione la disse lunga.
A dire il vero i miei comportamenti di quei giorni furono ambigui, anche se per una delle rare volte nella mia esistenza non lo diedi a vedere. Perchè la vita è così. Un giorno hai tutto, l'altro niente. E pensare a Carmelo in quelle condizioni mi faceva male ma allo stesso tempo mi dava il coraggio nel fare gesti che prima non avrei fatto. Sembrava che mi dicessi: "Lo vedi Francè. A che serve tirarsi indietro se poi un domani non hai l'opportunità di andare avanti?". Ragionamenti tipici di uno shock.

Sono diventato un po' più cazzuto e superficiale. Meno profondo di prima, più aperto alle delusioni ma anche più coraggioso dal punto di vista morale. Mai prima di allora avrei pensato di poter guardare una donna negli occhi ed essere sincero, e invece lo feci, pagandone anche le conseguenze. E mentre lo facevo pensavo a lui, a quello che stava passando e a come aveva iniziato a  lottare. Pensai che nella vita a volte non bisogna riflettere più di tanto, ma agire. E l'ho fatto altre volte, non solo quella sera. Tante volte in questi mesi che nemmeno riesco a contarle. E' impresa impossibile farlo ora, su due piedi. 

Mentre scrivo sono affranto e mi riesce difficile perfino sviluppare il più semplice dei ragionamenti. Spero solo che un giorno queste lacrime serviranno a qualcosa, ma come potrebbero? Carmelo non c'è più. Se n'è andato nel peggiore dei modi, a soli 37 anni. Senza esultare ne' correre verso il settore ospiti come fece nel Marzo 2005 al Partenio.


Il vuoto è incolmabile. Arrivederci Gladiatore.

FRANCIO


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