Non so perché, ma la mente mi fotografa un'immagine. E' quella di un bimbo che tira con la manina la gonna della mamma per chiederle di comprargli le caramelle. Siamo a quei livelli lì. Datemi una tastiera, e io vi cambierò il mondo. E a quel punto sarà un po' come avere tra le mie grinfie quel pacco di caramelle. Un po' come passeggiare al centro di una strada deserta con la sola compagnia della "dea ispirazione". In piena asocialità. Io, la strada deserta e l'ispirazione. Visione fantastica per chiunque ama immaginare e buttare giù qualche rigo con passione.
Ma in realtà l'astrazione stavolta l'abbandono per una giusta causa. E quella giusta causa è l'esame di Filosofia Politica, sostenuto esattamente un anno dopo quello di Storia dell'Arte. Trecentossessantacinque giorni senza dare un esame; un record vero e proprio che ha seriamente rischiato di protrarsi.
Perchè riprendere a scalare la montagna dopo essersi fermati bruscamente non è mai facile. Ci vuole una forza diversa da quella comune e forse non basta la forza di un solo uomo. Ci vuole il sostegno della gente, roba tipo i cori da stadio, gli incitamenti, gli striscioni. E su quella salita che sto ancora percorrendo di striscioni ne ho trovati tanti. Mi dicevano di non mollare, di cambiare rapporto e di avvicinarmi al traguardo. C'era e c'è scritto tuttora che lassù magari non c'è una bella veduta ma c'è qualcosa simile alla soddisfazione. Alla felicità. E in fondo viviamo anche di questo, no? Di traguardi da tagliare e sorrisi da mettere in mostra.
Sulla mia strada vecchi e nuovi amici, ma anche un pedone come tanti. Il signor Italo, disgraziatamente investito ai primi di maggio con una manovra maldestra nello stesso giorno in cui la sempreverde Simona mi aveva prestato i suoi appunti per l'esame. Eleonora e company lo definirebbero un segno del destino. E stavolta, vi dirò, voglio crederci. Perché Italo si alza, ci guarda e decide - dopo una decina di minuti - di lasciare tutto come sta. Dice che non si è fatto niente e che non c'è bisogno dell'ospedale. Non finirò mai di ringraziarlo nonostante si fosse buttato al centro della corsia così, senza leggere ne' scrivere.
Simona ed Eleonora, dicevo, ma ci sono stati anche Gildo, Ivan e tanti altri in questo tortuoso avvicinamento all'esame. Un esame che non va festeggiato, lo preciso, perché ho fatto solo quello che avrei dovuto fare un anno fa, ma che pone lo striscione del traguardo un tantino più vicino mentre io resto in sella. Accanto ai soliti sorrisi contagiosi e alla voglia di non pensare a niente. Ora è tutta una questione di nervi.
Amici, un giorno non troppo lontano vi porterò sul podio. E ci terremo tutti per mano...
FRANCIO
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