martedì 3 dicembre 2013

Lettera a Santa Claus

Caro Babbo Natale,
sono trascorsi tre lustri da quando ho capito che non esisti per davvero. E quando si comincia a ragionare per lustri, lo sai meglio di me tu che hai i capelli bianchi, vuol dire che ci si sta avviando a non essere più bambini.

Eravamo in macchina fermi ai semafori che dividono il Rione Ferrovia dal resto della città, quando sparisti improvvisamente dal sedile posteriore volando via come un dolce ricordo. Lo sai, ho sempre avuto quel brutto vizio di fare troppe domande a costo di mettere in difficoltà l'interlocutore, eppure quella sera di dicembre tutto partì dai miei genitori: "Ancora non ci hai detto cosa vuoi che ti porti Babbo Natale, perchè non ne parliamo?". Non glielo avevo detto perchè non volevo svelare nulla. Ti avevo scritto una lettera in modo che solo tu sapessi cosa ci fosse scritto all'interno, poi l'avevo nascosta in un cassetto come si usa fare con i sogni.

"Quest'anno non voglio dirvelo, sarà una sorpresa anche per voi". Risposi fieramente dal basso dei miei otto anni. Notai fin da subito che non ne furono felici. Anzi, disorientati è il termine giusto. Avevo condiviso qualsiasi idea con loro fino a quel momento, e nascondergli i contenuti di un mio desiderio doveva sembrargli una cosa da adolescenti, più che da bambini. Ma se c'è una cosa che mi ha sempre lasciato un senso di disagio (e sono certo che sai anche questo...) quella è il silenzio. Mi riferisco al silenzio immotivato, quel genere di silenzio che fa seguito ad un'affermazione seria. Quello che arriva quando invece sei più che sicuro che il tuo interlocutore dirà qualcosa per controbattere.

Niente, loro non parlarono. Non so tu come avresti reagito, ma so quello che feci io. Rincarai la dose.  "Ma posso chiedervi perchè volete saperlo?". Niente. Ancora silenzio, silenzio, silenzio. Fino alla domanda più triste, che da ventitreenne ora paragonerei ad un "Quindi non mi ami più?" rivolto alla propria fidanzata in un momento di crisi.  "Voi pensate che Babbo Natale non esiste, vero?". Inutile dirlo. Silenzio.

Ho sempre ritenuto che non seppero comportarsi. Nelle parole non furono abbastanza lucidi e le loro menti risultarono incapaci di qualsiasi tipo di improvvisazione. Papà alla guida, mamma accanto e io dietro di loro insieme a te. Avevo otto anni, che a molti potrebbero anche sembrare troppi per un bambino che smette di credere in Santa Claus, ma ti assicuro che non lo sono mai stati per uno che i bambini li adora. Il fatto che quella sera sia ancora stampata nella mia mente, poi, la dice lunga sulla mia ammirazione nei tuoi confronti. Non sono riuscito a dimenticarla nemmeno a distanza di quindici anni, ricordando dettagli che in altre circostanze brucerei in un baleno.

Siamo al 3 dicembre ed è presto per parlare di alberi, regali, renne e qualsiasi altro tipo di cosa legata alla Festività più amata nel mondo, ma ricordo che era proprio di questi tempi che da piccolo impugnavo la penna, prendevo un foglio, e scrivevo righe improbabili colme di complimenti rivolti a te, una sorta di nonno vestito di rosso. Internet ancora non esisteva e le lettere impiegano generalmente diverso tempo per arrivare in Finlandia.  Il vantaggio di avere un blog, tuttavia, sta tutto nel poterti scrivere qualcosa senza preoccuparmi della mia terribile calligrafia. Quella è cambiata pochissimo, nonostante gli anni. E' fatta un po' come me...

Francesco


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